Emerso dal buio di una notte romana piena di cicatrici, Gazzelle ha illuminato con leggeri synth anni ’80 e una cadenza setosa la canzone d’autore italiana al termine degli anni ’10. Una malinconia che si consola con tocchi di spensieratezza pervade testi di quotidiana sopravvivenza emotiva, con un accento capitolino che rivela il complicato rapporto con una città in cui anche recuperare il sound inglese di fine millennio può diventare un gesto punk. Chitarre e pianoforte restano una presenza discreta ma costante che dichiara il debito verso i padri putativi dell’itpop.